domenica 23 ottobre 2016

Cammino sotto la pioggia


E’ come rifiatare. Un lampo di nitida lucidità. Mi sembra di poter riprendere fiato dopo una lunga apnea. E’ solo un cammino, un breve e lento movimento del mio corpo oppure c’è altro? La mia mente dov’è? dov’era prima di adesso? Mi sembra di non aver nessun ricordo, nessuna memoria. Sono solo su questo viale, e non è immaginazione, è davvero realtà.
Una fitta ma leggera pioggia mi tocca, mi bagna. Non c’è irruenza nel suo incedere, nel suo colpirmi, ma dolcezza e riserbo. In questo momento è come se il cielo mi stesse accarezzando il volto. Non provo ansia o timore, ma inaspettata consolazione.
Le foglie catturano ogni singolo frammento di colore, all’interno di questa grigia cornice autunnale. Tonalità intense e profonde trasmettono incomprensibili impulsi, al cuore e all’anima. Molte di quelle piccole variopinte tele sono ancora appese a scheletrici rami, molte altre sono già a terra, ma il loro pittorico linguaggio permane, più intenso che mai. Qui non pulisce nessuno, è un posto isolato, è solo una marginale zona industriale. Questa meraviglia d’artista è stata dunque una creazione dell’abbandono e dell’indifferenza. Un rettilineo cammino incastonato tra due lembi di arcana naturale pinacoteca: uno superiore e uno inferiore; quasi a ricordare al mio spirito che non c’è differenza tra cielo e terra se ciò che impariamo a considerare e quello che sta nel mezzo. Allora spero che la pioggia non cessi, ho bisogno di conforto, delle calde premure che l’inaspettato sa offrire. La semplicità della vita può accanirsi o lenire i nostri patimenti, soprattutto quelli mentali, ma non dobbiamo sforzarci nel comprenderla o nel voler decifrare quel codice: sarebbe pura follia. Bisogna attendere con pazienza e meraviglia quella lieve bruma che accarezza i tratti del nostro viso.
Occorrerebbe scegliere le domande giuste da porsi, così come si dovesse scegliere un abito o un paio di scarpe da indossare. Purtroppo non è così, e forse anche questo pensiero non è puramente veritiero ma contaminato d’umana paura. Come un vestito o una calzatura non pilotano il nostro modo di essere, di vivere, dovremmo imparare ad indossare i nostri pensieri senza che essi ci condizionino l’esistenza. La mente non può diventare un armadio di pensieri inutili. Quello di cui abbiamo necessità è molto meno di quello che pensiamo. Inoltre la saggezza ci suggerisce che non siamo propriamente quello che pensiamo, perché la mente genera ragionamenti condizionati dall’esperienza e viziati dall’esterno.
Mi svesto dai pensieri e cammino, nudo da essi, mano nella mano con me stesso. Allo stesso passo, alla stessa velocità; gioendo del gentile massaggio che la pioggia mi dona. Sono in pace con me stesso, con il mondo, con il tempo. Per poco forse, ma in maniera intensa come lo è la livrea del fogliame che sta depositandosi placida sul mio essere viaggiatore di terre sconosciute.  

Stefano Camòrs Guarda

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